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Robot soffici: nuova frontiera per medicina e soccorsi

Categorie Automazione · Io, Robot · J.A.R.V.I.S

Già ad Aprile vi avevamo parlato della Soft Robotics Week, evento tenutosi a Livorno ed organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Istituto di BioRobotica e l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), in cui abbiamo potuto assistere a sfide in cui i robot soffici si “dilettavano” in prove di movimento e manipolazione.

Ma cosa sono i Soft Robot?

Quando pensiamo ad un robot immaginiamo delle macchine metalliche aventi sembianze che ricordano gli esseri umani e che compiono operazioni di supporto nei compiti di tutti i giorni; in pochi invece immaginano che nella maggioranza dei casi, parliamo di macchine che svolgono operazioni ben precise e compiti che l’uomo non sarebbe in grado di svolgere viste le grosse limitazioni che possiede.

Questa è l’idea che ha spinto dei ricercatori di Harvard a produrre il primo prototipo di Robot Soffice che non richiede batterie e componenti meccaniche al suo interno.

La Soft Robotics è una branca della biorobotica che si occupa di robot che nella maggior parte dei casi somigliano ad animali come pesci, molluschi o invertebrati in generale, e ne imitano mobilità e capacità di adattamento a stress esterni; i robot soffici possono allungarsi, torcersi e deformarsi, esattamente come le specie che imitano e l’obiettivo che ci si è posti è di sfruttarli in campo chirurgico o in compiti di esplorazione e soccorso grazie alla capacità di potersi deformare e superare eventuali barriere architettoniche.

Si spera che la loro morbidezza potrà un giorno rendere possibili operazione chirurgiche oggi impossibili o particolarmente rischiose, o addirittura rendere reale la possibilità di somministrare farmaci esattamente nelle zone dove sono necessari.

Ad Harvard è stato prodotto, mediante stampa 3D e litografia, Octobot, un polipo dalle dimensioni di circa 7cm avente una struttura costituita completamente da gel siliconico.
Completamente sprovvisto di cavi, sistemi di controllo e batterie; si muove grazie ad una reazione chimica tra perossido di idrogeno e particelle di platino (che funge da catalizzatore), la quale produce un gas, espulso poi da appositi sfiatatoi, che permette il movimento dei tentacoli e quindi a sua volta del robot nel suo complesso.
Il suo movimento è programmato in anticipo ed è ovvio che la limitatezza del carburante ne consente un’autonomia relativamente breve che va dai 4 agli 8 minuti.

La logica di controllo di Octobot è stata definita “logica fluida” in quanto al suo interno possiede delle valvole che si comportano come porte logiche e che direzionano il gas all’interno dei tentacoli.

Ryan Truby, uno dei ricercatori che ha preso parte al progetto, spiega che è stato scelto il polpo in quanto è un animale privo di scheletro ed allo stesso tempo molto forte e capace di una grande varietà di movimenti.

Un altro soft robot è stato sviluppato alla Facoltà di Fisica dell’Università di Varsavia ed ha le sembianze di un bruco lungo 15mm, costituito da elastomeri a cristalli liquidi (LCE), inventati originariamente all’Università di Firenze; si muove come un vero e proprio bruco (può arrampicarsi, spingere pesi, affrontare passaggi difficoltosi), si alimenta di luce verde e si controlla a distanza tramite laser.
Gli elastomeri a cristalli liquidi sono stati inventati proprio con l’obiettivo di creare oggetti “in grado di spostarsi da soli in un liquido” e controllati tramite luce con finalità mediche.

Robot soffici: nuova frontiera per medicina e soccorsi
Il soft robot prodotto all’università di Varsavia
Ph: tomshw.it

L’Italia non è stata a guardare; l’istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è uno dei più importanti istituti che si occupano di soft robotics, ed è un punto di riferimento per chi crede nelle potenzialità di questa nuova generazione di robot.
Da anni coordina progetti di ricerca internazionali come Octopus e PoseiDRONE, due soft robot che si comportano come cefalopodi dotati di tentacoli ed aventi un corpo in gomma e silicone che gli consentono di nuotare anche in spazi angusti, di manipolare oggetti ed anche resistere ad urti (nel caso di PoseiDRONE).
In campo medico è stato sviluppato, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, un robot chirurgico chiamato STIFF-FLOP, un endoscopio a rigidità variabile che permette di effettuare interventi complessi attraverso un approccio mini invasivo.

E’ chiaro come questi dispositivi siano davvero interessanti in campo medico, grazie anche al loro peso ridotto e basso costo; si tratta ovviamente di progetti in stato iniziale, ma non sarebbe strano se tra qualche anno potessimo già vederli all’opera.

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